15 Commenti
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Avatar di Charlie

È davvero interessante pensare a questa alimentazione che si reinventa. C’è qualcosa di transculturale in gioco (come direbbe Fernando Ortiz, con la sua metafora del piatto ajiaco). Non è più giapponese, peruviano o marocchino: è un’altra cosa, qualcosa di nuovo, che nasce dall’incontro e dalla reinvenzione, senza più pretendere di restare fedele all’origine. Ma ha ancora senso cercare quell’origine? O si tratta solo di un esercizio nostalgico; o peggio, colonialista?

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Avatar di Gastroillogica

Bella riflessione. Che mi faccio anche io davanti ai piatti “meticci” di uno chef con un ristorante da tre stelle Michelin che serve perlopiù ricchi bianchi etero e maschi come demografia e che fa della “fusion solo perché gli va” la sua bandiera. Toglie spazio, lui, a chi avrebbe davvero qualcosa da dire (l’immigrato che farebbe della vera fusione, anche culturale).

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Avatar di Giuseppe A. D'Angelo

In che modo ritieni che il lavoro di una persona tolga spazio a quello di un'altra persona? Io ritengo che ci sia invece spazio per tutti, e che sta a noi decidere a chi voler dedicare il nostro tempo e i nostri soldi (a meno che per spazio non si intenda quello fisico della struttura, perché succede che chi ha soldi per investire impedisca alla concorrenza di proliferare in una determinata area facendo agli affittuari offerte più poderose).

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Avatar di Gastroillogica

Ne ho parlato recentemente trattando il tema dell’appropriazione culturale gastronomica. Il cosiddetto “air space” non è infinito, è su chi puntano i “comunicatori” in senso astratto è molto spesso non neutro.

Insomma, si vedono più pizze al caviale e angulas di Muñoz, che pizze con il retrogusto di integrazione sociale di Ibris - per fare due esempi che non essendo in competizione diretta geograficamente parlando, lo sono per quanto riguarda il “quanto spazio si dà e a chi”

Ma @Anjali Prasertong lo spiega meglio di me:

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Avatar di Lorenzo Tirelli

Camino Ingles, circa 130 km, principalmente in Galizia, fino a Santiago e poi Finisterre.

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Avatar di Gastroillogica

Un cammino esempio dell’overtourism, però. Pieno, zeppo, strapieno.

Ci sono altri cammini per arrivare a Santiago (anche essa distrutta dal turismo), o anche altri cammini che portano nel nulla, come la vecchia Appia, l’Alta Via, il sentiero Italia, etc.

O altri cammini di Santiago, quelli meno battuti.

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Avatar di Andrea M. Alesci

TORTELLODELMUGELLO

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Avatar di uno di passaggio

Validi argomenti. Però non trovo un punto di equilibrio. Il cibo è diventato parte dei pacchetti. Quello che ci si aspetta e non quello che si trova in una tasca di paese dove il cibo continua ad essere un'esigenza e non un passatempo.

Suggerisco due percorsi: Orixen dal faro di Corrubedo a Padron in Galizia, molto particolare e, immancabile, rota vicentina, trilho dei pescatori. Ma non in estate...

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Avatar di Valeria Locci

...e comunque io ho scoperto la magia della pizza napoletana in un locale a Brescia, con un nome terribilmente tamarro, e con pessime recensioni (perché la gente fa l'errore di andare a mangiarci pesce).

Mi chiedevo, reduce dalle pizze sarde col brodino (ai tempi qui non era ancora arrivata la pizza Gourmet con il cornicione pneumatico), come fosse possibile la magia di un impasto allo stesso tempo così sottile, ma che mostrava chiaramente l'alveolatura se guardato di traverso. Come fosse possibile che non si bagnasse, neanche il cornicione ripieno di ricotta.

Poi nel frattempo si sono sgrezzati anche qui, ma questo ricordo è vivissimo.

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Avatar di Fruilab

TORTEFDE4DGIPOMLò

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Avatar di Francesco

Tortellodelmugello.

Articolo meraviglioso scritto con stile tagliente. Complimenti!

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Avatar di Diego Pillon

ma sai, c'è una grande differenza culturale, secondo me, tra il capitalismo °bianco° di noi Europei, e il "non" capitalismo dell'Asia, giusto per citare un continente che forse credo di conoscere un po'. Qua, uscire e mangiare "fuori" è considerato uno status, dal dopoguerra tipo no? Io posso permettermi di andare fuori a mangiare. Dillà, invece, mangiare fuori è pura normalità, lo fanno tutti e un ristoratore non deve sforzarsi tanto. Cioè, si, ci sono locali con la coda fuori, ma ci sono comunque 3000 modi di mangiare per metro quadro (street, bancarella, kombini, ristorante, ecc). Da noi, essendo un qualcosa che non fai spessissimo (io ormai poco per varie ragioni), il ristoratore deve cercare di prendere clienti ingegnandosi in mille modi, quindi deve strafare.

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Avatar di valimentari

TORTELLODELMUGELLO

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Avatar di Giuseppe A. D'Angelo

Ciao Riccardo. Apprezzo tantissimo il titolo clickbait di questa newsletter e il fatto che introduce un incipit che mi trova completamente d'accordo: il cibo come identità, e non come sigillo di autenticità territoriale, concetto che promuove da dieci anni col mio blog in cui narro di come la pizza (soprattutto quella napoletana) venga adottata e reinterpretata nel mondo.

Devo dire che però faccio fatica ad afferrare il resto. Adoro il tuo spirito critico, ma devo dire che se di solito il tuo messaggio è forte, preciso, tagliente, qui non si capisce quale sia. Vedo un esercizio di retorica, un dico e poi nego, un fare domande senza avere risposte.

E non è un male, credimi. Mi chiedevo solo se fosse perché proprio tu stesso non hai le idee chiare sull'argomento e allora vuoi intraprendere una discussione; o se semplicemente non mi è passato il tuo messaggio.

Solo tu puoi saperlo, ovviamente.

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Avatar di ELISA

TORTELLODELMUGELLO

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