Un Viaggio Esistenzialista
cronaca di una settimana a Norimberga, questo non è il post delle top 10 novità viste
Ehilà,
ciao sono Riccardo e non dormo da una settimana. No forse di più.
L'ho già detto che le fiere sono belle ma non ci vivrei? Si, l'ho detto.
Detto questo, sono rientrato da una settimana al Biofach a Norimberga e mentre tutti (tutti chi?) si aspettano un report delle novità più interessanti viste, ecco che arriva il pippozzo esistenzialista.
(meme sempre valido, non mi stancherei mai)
No davvero, sto preparando un altro post sulle dieci cose più interessanti, arriva in settimana o al più tardi la prossima.
Quindi, eccoci qui.
Mentre mi avventuravo ancora una volta tra i padiglioni della fiera, ho avuto la sensazione di un film già visto.
Oddio, che anno è? In che anno siamo?
Is it 2023?
La stessa identica organizzazione degli spazi, gli stessi espositori (tranne qualcuno passato fisiologicamente a miglior vita, sono sempre i più innovativi quelli che se ne vanno) negli stessi posti degli anni precedenti, gli stessi prodotti nell'area novità, tanto che sono stato tentato, ma non l'ho fatto, giuro!, di riciclare le foto dell'anno scorso nel report della fiera.
Tu ci sei stato o stata?
Non sei d'accordo con me? Risp asap.
Insomma, il giorno della marmotta.
Un Biofach come una replica di un film già visto.
Quest'anno come non mai.
Questa reazione, invece che farmi lagnare (o meglio, non solo) mi ha fatto riflettere, in una mattina di storechecking a Norimberga mentre mangiavo un ottimo focaccione al sesamo turco (Norimberga è uno dei posti migliori secondo me per mangiare turco e siriano in Europa, change my mind), ho riflettuto profondamente su cosa significhi realmente innovare nel mondo del cibo.
(facilito foto del focaccione, una variante del Simit turco ma farcito all’interno, da rifare subito!)
Oltre il fascino effimero delle novità, alle fiere c'è qualcosa?
Nel settore alimentare, così come nella vita, ancora di più nelle fiere, c'è una costante pressione a inseguire l'ultimo trend, la novità più brillante.
Tuttavia, abbracciando un approccio esistenzialista, mentre passeggiavo tra i corridoi tutti uguali, sentendomi come Bill Murray all'ennesima sveglia, ho cercato di capire cosa poter apprendere dal nulla in cui ero stato catapultato.
Fatto salvo che la vita non ha senso e che moriremo tutti.
Beh, dev'essere bello essere mio amic*.
Dicevamo, il valore del miglioramento continuo. Non si tratta di rinnegare l'innovazione, anzi, guai mai, ma di riconoscere che la vera crescita avviene nel profondo, nel lavoro costante su di sé e sulle proprie idee, e nella collaborazione con gli altri, nella voglia di imparare, nella voglia di mettere qualcosa in mezzo al tavolo per condividerlo anzichè svilupparlo nel proprio antro-laboratorio cercando di proteggere e nascondere l'improteggibile.
Open Innovation vibes, mi sa.
Come in cucina, dove i piatti migliori richiedono pazienza e dedizione, così il nostro sviluppo professionale e personale, così come l'innovazione alimentare, si nutrono di una lenta fermentazione piuttosto che di una rapida ebollizione.
Bella questa me la segno.
La novità per il gusto della novità può essere esaltante, ma spesso lascia un vuoto di significato.
Novelty for Novelty's sake.
E quindi, in un momento di riflessione tra un assaggio di formaggio vegano e l'altro (non troppi a dire il vero), mi è sorta una domanda: e se questa ripetizione continua delle stesse persone, prodotti, immagini, le luciiiiii non fosse una maledizione, ma un'opportunità?
Ecco che Nietzsche entra in scena, sussurrandomi all'orecchio dell'eterno ritorno e dell'importanza di abbracciare ogni momento, anche se sembra fotocopiato dall'anno precedente.
(per non dimenticare)
Il Biofach è la solita vasca tra gli stessi corridoi per vedere le stesse facce, un po' più vecchi e stanchi, come in Vedi Cara di Guccini, e come ogni volta dirò che è stata l'ultima e come ogni volta so anche che non sarà così.
Nello stesso tempo, sicuramente, le fiere hanno un problema.
E per provare a risolverlo dovremmo forse metterci tutti noi interessati all'opera per dare il nostro contributo, fare proposte, portare stimoli.
Quanti post ho letto su Linkedin di “CEO della lamentela” presso me stesso.
Dal mio punto di vista l'esperienza No/Lo Bolo, sperimentale ma di grande successo, non fa altro che confermarmi che le fiere food devono essere sempre più:
🥕brevi e concentrate nel tempo
🫛focalizzate per micro aree di prodotti
🍍stimolanti nel mondo delle startup ma senza l’effetto zoo o riserva indiana
🌹devono portare clienti veri e buyer e non solo curiosi che all'ultimo giorno vogliono rubarsi pure le piante (true story)
And more.
Che ne pensi?
A proposito, se sei esperto o esperta o appassionato o appassionata dell'organizzazione di fiere e eventi, stiamo cercando partners per scalare No/Lo Bolo.
Fai un fischio!
Le ultime frasi sarebbero da far leggere agli organizzatori di fierone inutili
Condivido in pieno. Unica cosa migliorabile di Nolo/Bolo: gli accessi da contingentare perché ad un certo punto eravamo troppo fitti 😁