La verità, Matrix, e l'avocado
Se hai trovato una risposta a tutte le tue domande, vuol dire che le domande che ti sei posto non erano giuste
Ciaoooooo.
Per chi è figlio degli anni '80 come me e a fine degli anni '90 era sui banchi del liceo, film come Matrix sono stati epifanici, quelle cose di cui parli per ore con gli amici fuori da scuola o nei corridoi tra una lezione e l'altra, un po' come oggi Poor Things di Lanthimos affolla il mio feed Instagram.
Pillola rossa o pillola azzurra?
E' così, questa immagine archetipo della scelta mi tocca portarmela avanti per la vita, meme su meme.
Beh, avete presente quando Neo in Matrix sceglie la pillola rossa? (ovvio che si).
Ecco, ho avuto una di quelle epifanie del dubbio leggendo uno studio recente, [https://www.nature.com/articles/s44284-023-00023-3], che ha messo in discussione tutto ciò che credevo sull'agricoltura urbana.
Mi dice che i progetti CSA da cui compro la verdura dietro casa (che comunque btw è la pianura più inquinata d'europa, yuppi) e il mio orticello infestato dei pensionati (infestato dalle piante, non dai pensionati, o meglio, non solo) lì vicino a Villa Bernaroli che curo con più amore di un nonno per il suo nipotino (spoiler: bugia), hanno un'impronta ambientale più pesante dell'agricoltura industriale.
Boom: e io qui che pensavo di essere il paladino dell'ecosostenibilità con i miei carciofi bolognesi costati tra tutto 60 euro l'uno.
I tocchi di terra e fango negli spinaci, le bestioline nei broccoli, le foglie tutte mangiate dei miei (mini) cavoletti di bruxelles perché per ideologia ehm pigrizia faccio una agricoltura no till no pesticidi no niente.
Ovviamente, scherzo. O meglio, esagero.
Non tutto è perduto e continuerò a prendere la verdura nei CSA da radical chic dietro casa, così come continuerò a tempo perso a fare l'orto per garantirmi un po' di verde nel mio feed instagram.
Lo studio è super interessante, e ti consiglio di leggerlo appena puoi, ma naturalmente è limitato a alcuni aspetti dell'impatto dell'agricoltura, e non tiene conto degli aspetti sociali, relazionali, psicologici, organolettici e biodiversit-ali di tutto.
Anche se, ripetiamocelo, qui (ndr: Bologna) siamo nella pianura più inquinata d'Europa.
Mmmm, questi spinaci alle pm2,5.
Fuori dagli aspetti agricoli, questo studio è solo la punta dell'iceberg in scioglimento che mi accende la lampadina su un mio chiodo fisso (sempre cit. Matrix): ci sono tante altre convinzioni che meritano un bel ripensamento.
Prendiamo, ad esempio, il packaging dei prodotti alimentari.
Tutti noi abbiamo puntato il dito contro la plastica, e ancora lo facciamo scontrino dopo scontrino, ma e se vi dicessi che a volte è proprio lei la scelta più sostenibile?
Pensate al ciclo di vita del vetro, alla sua produzione, al trasporto (eh, pesa!) e alla riciclabilità. A volte, quella brutta plastica non è poi così malvagia.
Poi, ovvio, il mio amico Flavio mi dirà: ma le microplastiche!!! Il mare!!! Vero, verissimo: ma scusa, perchè dovremmo buttare la plastica per terra?
Eh, se mia nonna avesse avuto le ruote, diranno i miei piccoli lettori.
Ci sono studi che dicono che l'impatto per tutta la vita del prodotto di un packaging di plastica rigida monomateriale è di gran lunga inferiore a una vasetto di vetro.
E noi come li confezioniamo i prodotti? Col vetro ovviamente.
E che dire degli avocado? Quelli coltivati sotto casa in Sicilia sembrano la scelta migliore, ma sarà davvero così? Sembra un sogno ecologico, vero? Ma consideriamo l'uso dell'acqua, le condizioni climatiche e la sostenibilità complessiva. L'avocado importato, in alcuni casi, potrebbe avere una impronta ecologica minore. Chi l'avrebbe mai detto?
Ma poi, dipende. Da chi lo coltiva, da come lo coltiva, da come viaggia, se in aereo o in nave, se la nave è piena o vuota, refrigerata o meno, e avanti così.
Quante sono le variabili? Mille!
E piantare alberi e boschi, è davvero così utile se non così cool?
Quante aziende oggi compensano il proprio impatto in Co2e ripiantando boschi urbi et orbi con aziende partner? Ci servono tutti questi boschi? E se si, dove è meglio piantarli?
Questi sono solo piccoli esempi incompleti e non approfonditi e per questo mi scuso prima di tutto. Sul web, cercando bene, c'è un sacco di materiale utile e interessante per capire e sapere di più.
Ma il concetto è un altro: questo è solo l'inizio di un viaggio verso la consapevolezza che le nostre 'verità' possono essere ben lontane dalla realtà. Spesso ci facciamo influenzare dalle bolle social e dalle nostre convinzioni, senza fermarci a pensare che potrebbero non essere la soluzione migliore in ogni contesto.
E questa, è una bella scoperta dell'acqua calda, lo so.
(Ma a volte, ce ne dimentichiamo seguendo la risposta più rapide e veloce e semplici come novelli cani di Pavlov).
Perchè, è la domanda il nostro chiodo fisso.
Anzi: la domanda DEVE essere il nostro chiodo fisso.
Socrate fondava tutto il suo pensiero sull'esigenza costante di interrogarsi, affermando di sapere una cosa sola: di non sapere nulla. Questa continua ricerca di conoscenza attraverso il dialogo e l'interrogazione ci aiuta a sfidare le nostre convinzioni e ad aprirci a nuove prospettive.
Le nostre 'verità' possono essere ben lontane dalla realtà. Di nuovo.
E questo vale per il food di cui qui vorrei e cerco di parlare, ma poi si arriva ovunque, dalle recenti proteste degli agricoltori, ai complottismi, alla mala informazione.
Nel nostro lavoro, quindi, che sia una ricetta, un packaging, una presentazione, un'idea commerciale, non esistono dogmi.
Quante mail ricevo (riceviamo) tutti i giorni da colleghi, clienti, fornitori che sanno esattamente come devono essere fatte le cose, che non hanno domande, solo certezze.
Toh, guarda, una proprio adesso.
Beh, se hai trovato una risposta a tutte le tue domande, vuol dire che le domande che ti sei posto non erano giuste. O non erano abbastanza.
Ti capita? Dimmi la tua.
Detto questo, io torno a pianificare cosa piantare nel mio orticello (a proposito, cerco volontari!), ma con la consapevolezza che non sarà nè un grande passo per l'uomo, nè per l'umanità, ma un piccolo seme, per me, per capire e studiare e fare esperienza di qualcosa di nuovo.
Totally me.
Alla prossima!