A quelli che mi chiedono, e adesso?
Che fate? Facciamo altre settordicimila fiere tra la Patagonia e l’Iowa?
Nove brand di bevande analcoliche fighissime?
Trentadue nuovi distributori? Oggi risponderei così.
Grande Cioran, nostro padre spirituale.
Detto questo, un successo. Urbi et orbi, una bomba. Più di 300 persone hanno visitato e soprattutto partecipato attivamente alla fiera No/Lo Bolo, organizzata in meno di un mese con gli amici Sofia e Nicolò e ospitata dal mio Zoo ❤️🥕🫛.
Meglio del tridente del Milan anni '90. Bravi bravi, ce lo dico da soli.
Espositori incredibili, e se qui c'è qualcuno o qualcuna che mi legge, posso solo dire grazie. Entusiasmo, curiosità, vitalità, gioia, nessuno che rompeva le palle. Incredibile per una fiera. 😎
Ci siamo pure divertiti, e tutto questo senza una goccia di alcol (o quasi).
Incredibile.
Il primo test della fiera è stato: ma a sommare degli 0,5% di grado alcolico per un numero imprecisato di assaggi, è possibile ubriacarsi? Forse, non so. Test da ripetere.
Ne facciamo un'altra?
Io, intanto, così.
Ma veniamo alle riflessioni serie, perché tutto bello, tutto figo, ma poi, come avrebbe detto Platone (o forse quel saggio barista che incroci ogni mattina che fa 500 espressi 100% robusta al giorno e del no/lo se ne sbatte allegramente), "Non tutto ciò che frizza in fiera, brilla nel bicchiere di casa. O del bar".
E qui sta il bello, perché il vero banco di prova inizia ora. Riusciranno queste bevande ad andare oltre l'entusiasmo effimero della fiera e trovare un posto d'onore nelle nostre case? O rimarrano il solo "esercizio di stile" di noi radical chic con la cuffietta di lana anche al chiuso? (no offese, ci sono dentro anche io fino al collo).
Parlando di boom delle bevande analcoliche, è come fare un salto quantico, da una categorie di bevande considerate “per bambini” a qualcosa di decisamente più adulto e sofisticato. È una rivoluzione che bolle sotto traccia, sfidando le convenzioni e promettendo di reinventare il nostro modo di brindare.
Fino a ieri qui era tutta Coca Cola e te freddo, e ora de che stai a parla'?
Come direbbe Boskov, "rigore è quando albero fischia", e quindi: "mercato è quando la cassa batte lo scontrino" (mia libera interpretazione).
Mi piace pensare che queste bevande non rappresentino solo un trend passeggero ma che, passando dalla novità, siano una dichiarazione d'intenti, un nuovo manifesto di socialità, un modo di godersi la vita e le sue piccole grandi gioie, senza gli effetti collaterali dell'alcol.
O meglio, mi piace precisare, bevendo meno ma meglio.
Perchè, e qui mi ricollego alla mia ultima newsletter, noi non siamo per il mondo bianco o nero, nè siamo / sono pro o contro l'alcol, sono per la qualità (e no, non pensate a Boris).
Quindi, mentre navighiamo su questa onda di bollicine (ma non solo bollicine) e novità, teniamo gli occhi ben aperti. Ogni sorso potrebbe segnare l'inizio di una nuova era nel mondo del gusto.
Dall'Hype alla Stabilizzazione
Tutto ciò mi fa riflettere sul recente passato e su un certo scaffale frigo che amo molto. Ricordate l'entusiasmo quasi mistico che circondava i prodotti plant-based? Esiste ancora, certo, e per fortuna, quell'impeto che ha trasformato tofu e tempeh e poi tutti gli accrocchi cotolettati e burgerati plant based da sconosciuti a celebrità delle tavole moderne. Celebrità, poi.
Ma vero è molte startup hanno aperto, brillato, e poi, appunto, brillato ancora, nel senso di esplose.
E' la curva della food innovation baby: si parte, si esplode, molte falliscono, ci si stabilizza e si cresce - solo alcune - finalmente in maniera coerente.
Ebbene, stiamo rivivendo qualcosa di molto simile con le bevande no-alcohol e low-alcohol.
Inizialmente, è tutto un tripudio di entusiasmo: idee che brillano più di una stella Michelin, innovazioni che spuntano come finferli dopo la pioggia, e tutti che vogliono un pezzo di questa torta effervescente con un sorso di questo cocktail rivoluzionario.
Ma ogni storia ha i suoi risvolti e mi duole ammetterlo, si ripete. Dopo il boom, arriva la realtà: il mercato si satura, la novità diventa routine e alcuni prodotti si rivelano meno brillanti di quanto sembravano. Inizia una fase di selezione naturale, dove solo le idee più robuste e originali riescono a tenere il passo.
Dopo la tempesta, arriva la calma: il mercato si stabilizza. I prodotti che sopravvivono sono quelli che veramente spiccano per qualità e sostenibilità. Un periodo meno esaltante, forse, ma più sostenibile e a lungo termine, molto più gratificante.
Dove siamo ora per il No/Lo? In Italia siamo al Big Bang. E quindi, godiamocelo ragazzi. Grazie per esserci.
Quali saranno le stelle di questa nuova galassia delle bevande? Solo il tempo potrà svelarlo. E non solo: anche chi sa farsi bene i conti in tasca.
Ma una cosa è sicura: il panorama delle bevande è in piena trasformazione e noi siamo qui per assaporare ogni novità.
Last but not least, amici, lasciatemi raccontare di quelli che hanno fatto battere il cuore al mio palato.
Di cose assaggiate in fiera, casino permettendo, tantissime.
Tutte buone, buonissime, interessanti. Piacevoli.
Dalle sode ai proxies wines, il campo è largo, e si può decidere dove stare. Se non dappertutto. Perchè no.
Come dicevo, è la scelta di diventare grandi: siamo più da "Dov'è Spotty?" o da Nietzsche? O entrambi? E Harry Potter dove lo metteresti?
Sì, perché scegliere una bevanda è un po' come scegliere un libro da leggere: un atto che ci definisce, che parla di noi. Ma poi, anche bello cambiare ogni tanto.
Una volta il frigo No/Lo era un frigo per bambini e per astemi, oggi lo è ancora in molti bar, ma le cose evolvono, grazie a Dio.
Io, personalmente, ho una predilezione per quei gusti dove l'acido regna sovrano. Amo quando l'acido abbraccia il dolce, lo guida e lo ammorbidisce con una carezza esperta. Perché, in fondo, è questo l'equilibrio che cerco: un sapore che rifletta la vita, più acida che dolce, più stimolante che stucchevole.
Poeta.
Queste le mie preferite.
Le nuove kombuche (ma anche le vecchie) proposte da Selvatica Lab. Sinuose ma spigolose come l'Etna, dove è incredibile vedere come tutto sia assurdamente in equilibrio ma pronto a esplodere, e crollare. Sono un sorso pieno e caloroso, caldo, corposo, come la Montagna.
Anche qui, le nuove di Funky Fermenteria, quelle che esaltano il tè e le piante di laguna. I sapori radicali e cremosi, sapidi e affumicati, e, anche qui, tutti in equilibrio. Bevande trasparenti e nello stesso setose.
E, per ultimi, i pét-nat tea di Ama Brewery. Dove un difetto diventa un pregio, un ricordo di qualcosa di diverso. Le ho assaggiate appena aperte, con ancora quel senso di "chiuso" e ridotto che hanno alcuni vivi appena stappati. Insomma, la consapevolezza di qualcosa di più.
Poi, naturalmente, ne avrei mille e mille ancora che mi sono piaciute, ma - per non fare torto a nessuno - mi taccio. VVB.
Certo è, che la strada più interessante, per me, è andare verso la complessità e la complicità, le bottiglie grandi, da condividere, a tavola, con la stessa presenza scenica di un buon vino.
E tu c’eri? Cosa ti è piaciuto di più?
Salute!