Quando ho letto della fine di Foodspring, azienda tedesca di integratori e prodotti fitness che tutti conosciamo direi e che Mars, sì, proprio quella dei Mars (yummy), aveva comprato per oltre 250 milioni di euro nel tentativo di entrare nel redditizio mondo del wellness, giuro, ho alzato il sopracciglio alla Ancelotti e detto: “Davvero? Anche stavolta il capitalismo si è grigliato un bel unicorno”. (Se vuoi approfondire, puoi leggere qui).
Poi ovviamente mi è partita subito la vena depressa: può l’innovazione vera sopravvivere ai matrimoni combinati con le multinazionali? No, chiaro che no. È come mischiare olio e acqua, come pasteggiare a kombucha acetica con le lasagne della nonna (io forse lo farei): un disastro annunciato.
Ma loro ci hanno provato lo stesso, che coraggiosi.
E così la Foodspring che beveva shake di proteine come aperitivo è finita prigioniera del solito corporate che gioca a padel il venerdì pomeriggio dopo l’ufficio e risponde alle mail con “fyi”, “urgente”, “molto urgente”. Dopo pochi mesi o anni la startup perde il passo, ingrassa, rallenta, perde pure il contatto con la realtà. Si scioglie insomma sotto al sole dei dollaroni.
Avanti il prossimo.
Alcune di voi mi hanno scritto chiedendomi che ne pensavo di questa triste storia e soprattutto come mai un'azienda che fino a due mesi fa apriva posizioni lavorative e cercava candidati si sia ridotta così.
Mi sono letto pure un po' di commenti in giro, dai maestri di vita di Linkedin, ed ecco qui un po' di motivi.
Foodspring, acquisita da Mars, ha perso la sua libertà originaria. Ha perso flessibilità, agilità. Si è incatenata in un mondo di burocrati e bullshit jobs. Chi lotta con i mostri deve guardarsi dal diventare egli stesso un mostro. Foodspring ha guardato troppo a lungo negli occhi della multinazionale, perdendo la propria anima.
Essere acquisiti può essere bello, specie per le tasche dei founder, ma per chi lavora significa anche nuovi leader, nuovi processi, gerarchie rigide: un mix perfetto per annacquare lo spirito startup. Heidegger avrebbe detto che Foodspring ha perso "l'autenticità dell'essere", sostituendola con procedure vuote che fanno sì quadrare tutto, ma a che prezzo?
E poi, a mio avviso, le cause più gravi. Quando è partita Foodspring era l'azienda per i fitness fanatics un po' in salsa pastello, un po' yoga e pilates, senza quella comunicazione dark e urlata da bifolchi della ghisa. Poi, per crescere, Foodspring ha cercato il grande pubblico lifestyle, dimenticando il suo nucleo duro di fanatici del fitness. È come quando Platone spiegava che, lasciata la caverna, ci si può perdere facilmente alla luce del sole.
Aprendosi a tutto e tutti, ha investito un sacco (troppo?) in influencer. Funziona? Non funziona? Non lo so, sinceramente non credo. Il risultato? Credibilità in caduta libera e ritorni inesistenti o molto bassi.
Sempre sul posizionamento, Foodspring ha insistito su un posizionamento premium in tempi di crisi, e questo ci può anche stare. Ma la tua promessa deve essere unica, incredibile, senza senso. Se hai il prodotto identico a quello di Decathlon, venduto al doppio di quello della Gdo, senza prestazioni reali né percepite diverse, beh il consumatore sceglie. E non te.
E attenzione, non dico che dovessero fare un prodotto unico e innovativo, perché in quel mondo c'è veramente poco da innovare ultimamente, bastava però cercare di crederci nell'essere unici.
E invece la storia finisce con il classico paradigma: voglio crescere velocemente, ho bisogno di tanti soldi, li investo tutti, in fretta e male, finché poi questi soldi finiscono e ciao mare, finiti soldi finito amore.
Foodspring ci ha provato, ci è riuscita anche per un bel po', i suoi founder forse adesso si godono la vita e il loro conto in banca (non lo so, ma spero per loro almeno), ma quando entri nel mondo dei grandi brutti e cattivi diventi prima come loro e poi la loro stessa carne da macello.
Il problema è proprio questo sistema.
Foodspring, come tante altre startup, per stare al passo con le richieste del mondo finanziario (dalla multinazionale Mars in questo caso ma anche al mondo dei VC e fondi di investimento) ha perso progressivamente la sua visione, quella ragion d'essere che la rendeva unica nel panorama wellness e fitness.
Non poteva più fermarsi e scegliere la cosa più coerente, c'era da correre a testa bassa (verso il dirupo).
Quando un'azienda perde di vista la propria unicità, la sua anima fondativa e i valori che ne hanno ispirato la nascita, si ritrova inevitabilmente a competere sul terreno delle multinazionali, dei retailer e dei discount, dove tutto si gioca su economia di scala, relazioni consolidate e capacità di assorbire margini bassissimi. È un po' come cercare di battere un professionista a casa sua, giocando secondo le sue regole: impossibile vincere se non con la botta di culo.
È qui che Foodspring ha sbagliato, lasciando che la sua autenticità venisse diluita fino a diventare indistinguibile da una qualunque offerta generalista.
Un classico errore di prospettiva: inseguendo l'universalità, ha perso la particolarità che la rendeva irripetibile, proprio come un'opera d'arte che, riprodotta in serie, perde valore e significato. E così, schiacciata dalla pressione del mercato e dalle aspettative finanziarie, Foodspring è diventata preda facile per i grandi squali del settore, vittima della stessa logica che aveva promesso di sfidare.
Pausa: attenzione, rispetto assoluto per tutte le persone che in Foodspring hanno creduto, che ci hanno messo passione e fatica. E soprattutto a tutte le ragazze e ragazzi che ci hanno lavorato da tutta Europa con stipendi normali e da stagisti. Sono loro le vere vittime, schiacciate da meccanismi più grandi di loro. Dietro ai numeri, ai fallimenti e ai bilanci, ci sono sempre persone vere con sogni, ambizioni e mutui da pagare.
Torniamo a noi e alle mie domande, anzi, la domanda vera, profonda, filosofica e pratica: cosa deve fare una startup che vuole crescere, che sente la necessità di scalare ma non ha abbastanza risorse proprie? Si può crescere lentamente, passo dopo passo, restando indipendenti in un mondo che gira alla velocità della luce, connesso, competitivo e pieno di squali finanziari pronti a ingoiare tutto e a spararti addosso alla prima occasione?
Piccolo è davvero bello oppure è solo una romantica illusione?
E poi, esiste davvero un modo sano di usare i soldi degli altri? Il Capitale non è mai neutro: è sempre un mezzo di controllo, di potere, che richiede compromessi e sacrifici di autonomia.
Pecunia Olet.
È possibile trovare una via equilibrata, etica, dove il finanziamento esterno non diventi catena e gabbia, ma strumento di crescita autentica? O siamo condannati a scegliere tra il crowdfunding che elemosina attenzione, la vendita dell’anima al miglior offerente, e i fondi d'investimento che prima o poi chiederanno il conto e vorranno vedere solo il profitto, dimenticando i nostri ideali sostenibili e rivoluzionari?
Così oggi salutiamo Foodspring, che insegnerà agli angeli a fare squat tra schiere celesti, mentre noi sulla terra continuiamo a mangiare mille barrette tutte uguali ma con pack diversi e pieni di promesse.
Fuori dal circo vizioso dell’innovazione indebitata, fuori da questa giostra fatta di luci e illusioni finanziarie, c'è una terza via? (si, no, forse, dimmi la tua)
Sicuro, come direbbe Vonnegut, “bisogna essere buoni, cazzo!”. E aggiungo io: bisogna essere lucidi, critici e sordi come Ulisse davanti alle Sirene finanziarie.
Bellissima analisi. Come sempre :)
Mi dispiace un po’ per Foodspring perché “ci già provato”: aveva prodotti vegani buoni ad esempio, ma in genere devo dire che la loro ossessione per zero zuccheri (ed uso di dolcificanti in alcuni casi) cambiava il sapore ai prodotti - io sono estremamente sensibile.
Ho comprato Foodspring un paio di volte in Italia, ed ora chiude. L’ho sempre trovata superiore a Prozis, la marca concorrente portoghese plasticosa (e completamente presa nel giro influencers).
La marca-unicorno più palatabile per barrette e shakes è per sport di endurance, creata dalla moglie di Killian Jornet (bio, vegan, nordica) prodotta in Scandinavia.
Ora vorrei vedere cosa succede a Koro, che è già un enorme conglomerato (di cui devo ricordarmi di indagare le origini) e che sta usando la stessa tecnica influencer - anche se è orientato al mercato health non a quello fit.